Caduto dal cielo, cresciuto nel fango, rinato nella Luce. La meravigliosa Luce di una notte Guerriera.
FILOSOFIA DEL GUERRIERO SHAYAN
INTRODUZIONE AL "SHAYAN MOOD"
Noi piccole anime, siamo tutti Dei (Angeli) caduti, dimentichi della nostra identità originaria. Ma a volte succede che una di queste anime riscopra la propria origine spirituale e riacquisisca la memoria primordiale. Quando accade questo, si usa il termine "Illuminazione".
L'Illuminazione (in sanscrito Buddhi) è un processo che inizia con la realizzazione del concetto "sofferenza" e che culmina nella realizzazione del concetto "libertà", passando inevitabilmente dalla realizzazione di una panoramica universale di concetti. Concetti che insieme a molti altri, sono comunemente e frequentemente fraintesi, distorti da una fallace educazione. Cosi come sono fraintesi la maggior parte delle parole che vengono usate quotidianamente. E' mio desiderio portare chiarezza nel linguaggio contemporaneo e soprattutto nuovi metodi (metodi dimenticati) di percepire se stessi e il mondo (vedi sezione approfondimenti: A)
PRESUPPOSTI PSICOLOGICI E SOCIOLOGICI
La persona ordinaria fino al XIX secolo desiderava perdere coscienza per conformarsi serenamente alla macchina biologica, quindi alla società del suo tempo, e nel XXI secolo vuole perdere ancor più coscienza per conformarsi alla macchina tecnologica, quindi alla nuova società del suo tempo. In poche parole la persona ordinaria, in entrambi i casi, a prescindere dal suo ambiente, vuole solo perdere coscienza per funzionare "serenamente" e "pacificamente" all'interno dell'ingranaggio sociale di cui si sente parte. Vuole diventare un automa. C'è chi desidera farlo molto lentamente per non accorgersene e c'è chi invece vuole farlo di getto per togliersi il pensiero e l'ansia di dover nuotare contro corrente. L'istinto suicida è comune a tutti gli ingranaggi della società e l'unica "libertà" che rimane alla persona ordinaria è scegliere i tempi e i modi di questo nefasto processo di omologazione e alienazione. (il perchè del nostro istinto di autodistruzione individuale e collettiva è pubblicamente sotto gli occhi di chiunque voglia sapere, vedere, capire)
Nonostante sono consapevole dell'enorme responsabilità e sacrificio che deriva dal voler proteggere e conoscere la propria vera identità animica, io vi propongo di fermare questo diabolico processo ordinario, di invertirlo per riscoprire la vostra vera origine, la fonte spirituale dalla quale tutto e tutti proveniamo.
Concetti chiave :
1) La forma umana, la qualità umana, non è una conquista solo biologica ma è soprattutto coscienziale e comincia a manifestarsi solo quando iniziamo ad interrogarci con serietà sulla Verità Assoluta e cessa di essere, proprio quando smettiamo di indagare sulla Verità Assoluta. Qualsiasi altra indagine relativistica può essere compiuta da un mammifero ben istruito e particolarmente dotato o da un computer ben programmato e di sicuro da I.A. la famosa intelligenza artificiale orgoglio della scienza contemporanea. Non serve appropriarsi del concetto "essere umano" per giustificare la ricerca speculativa o sentimentalistica verso tutto ciò che è relativo, temporaneo ed effimero. Essere umani è un miracolo non una banalità nè una meccanicità, è una dura conquista, è la possibilità ardua di attraversare un ponte magico, una responsabilità riservata a chi ha coraggio e umiltà a sufficienza per viverne e manifestarne la fragranza intrinseca del suo splendore animico. Non è una condizione accessibile a chiunque sia dotato di un corpo biologicamente umano cioè da "homo sapiens". Non basta essere homo sapiens in grado di inventare un cellulare, godere di un favoloso dipinto o di una eccellente sinfonia musicale, per reputarsi umani. L'essere umano rappresenta la piattaforma base dell'esistenza consapevole ed è in questa forma che abbiamo la possibilità di elevarci fino all'illuminazione o scivolare giù fino alle forme di vita più degradanti che limitano fino ad addormentare completamente il nostro vero Sè.
2) Nello stato attuale noi siamo la coscienza individuale, il soggetto spirituale costituito da eternità, conoscenza e beatitudine, colui o meglio colei, che percepisce e paretcipa all'onniscenza ma che a contatto con la natura materiale, sperimenta l'oblio, la reminiscenza, il dolore, il piacere e sviluppa una errata identificazione con i fenomeni temporanei, il corpo e i 5 sensi. Noi siamo una scintilla spirituale (anima) che per paura e pigrizia cade prigioniera della mente, della storia e della ragnatela stellare cosmica, quindi del sonno e del sogno, fino a confondere questi stati ipnotici con la realtà. Ne consegue che ci lludiamo di essere coscienti e vivi, per il semplice fatto che percependo (seppur superficialmente) questi fenomeni, ci sentiamo scuotere e febbricitare dal contatto con loro. e rimaniamo stupiti, inorgogliti e instupiditi dal nostro stesso percepire e sondare questa potente varietà energetica di cui è costituita la vastità esistenziale della vita.
3) Il Samsara, cioè il Karma e la Reincarnazione, sono lo strumento meccanico in termini di tecnologia metafisica (quindi anch'essa riflesso dello spirito) con la quale tramite i fenomeni transitori restiamo intrappolati nell'illusione cosmica ma grazie alla quale possiamo anche ritrovare noi stessi, in quanto anime erranti coscienti di soffrire, quindi spinti in cerca di felicità attravero la redenzione/liberazione. (secondo Sakyamuni il Buddha chi non vuole liberarsi dall'assueffazione a soffrire dimostra di non essere ancora nato. Secondo Gesù tale persona è " priva di orecchi per sentire e occhi per vedere" Secondo Erich Fromm è lo stato di pseudo-coscienza più comune, soprattutto nell'epoca moderna a cui da il nome di "sado-masochismo" Secondo Giorgio Gaber " è un dilagante istinto di follia suicida" presente solo in coloro che temono la vita.
4) La coscienza universale, cioè la Verità Assoluta ( o Bellezza/Bontà Assoluta), il Beato Signore Supremo, è il centro di gravità permanente da e per il quale si manifesta questo gioco chiamato creazione, esistenza. Il termne evoluzione significa che, nella sua fase iniziale, si passa dallo stato statico indotto dal sonno, preambolo delle creazione, alla mutazione e crescita all'interno del sogno, della creazione, fino ad ottenere un sogno perfettamente lucido e puro, che permetta di risvegliarsi nella Trascendenza, e così superare i limiti del sogno e della creazione stessa.
5) L'evoluzione spirituale ha inizio proprio nella forma umana, è un processo che inizia solamente dopo il risveglio dal sonno, con l'accesso cosciente al mondo dei sogni. Si accede cosi ad un nuovo livello evolutivo, in cui lo scopo sarà risvegliarsi dal sogno. Il Buddha è colui che si è totalmente risvegliato dal sogno nella pienezza più assoluta. In verità nessuna anima individuale comune può raggiungere il livello macrocosmico di un Avatara come il Buddha Sakyamuni, ma nel nostro microcosmo possiamo partecipare a tale esperienza satura di consapevolezza e gioia. Apprendista o Iniziato, è colui che intraprende il cammino per risvegliarsi dal sonno e Monaco (o Saggio, Sciamano, Sacerdote, Mago, Maestro ecc. termini usati anche nel lessico esoterico) è colui che si è già risvegliato dal sonno e ha come orizzonte il risveglio dal sogno, cioè l'Illuminazione. Sappiamo bene che "Il vincitore è solo" da qui il concetto "monakos" dal greco "colui che è solo".
DI seguito un cenno al concetto "Illuminazione"
Esistono 13 livelli di illuminazione, i quali saranno approfonditi nel dettaglio durante i miei corsi oppure nei miei libri su richiesta. 3 sono i livelli di illuminazione all'interno del sogno. Il primo funge da confine tra il sonno e il sogno. Gli altri 2 sono appartenenti rispettivamente alla natura inferiore del sogno e a quella superiore. Gli altri 10 livelli di illuminazioni, chiamata illuminazione suprema (Param-Buddhi) cominciano con il risveglio dal sogno e con l'accesso al mondo Trascendentale, partendo dai suoi confini e margini, da dove ha luogo la prima delle 10 illuminazioni supreme.
Esistono 5 livelli di percezione della realtà e 3 manifestazioni individuali della realtà. Ma ne parlerò meglio durante i corsi aperti al pubblico.
LA MENZOGNA CONDUCE AL NICHILISMO E AL NARCISIMO PATOLOGICO (DISSOCIAZIONE COGNITIVA)
Cosa è la menzogna? Il nichilismo? la dissociazione cognitiva? In pratica sono i frutti dell'ateismo!
Abbiamo tutti in mente la storia della volpe e dell'uva, giusto? eppure conoscerla non ci rende esenti dallo stesso banale errore commesso dalla volpe. La dissociazione cognitiva è proprio questo, è il risultato della menzogna, del nostro voler modificare la realtà pur di non manifestare il coraggio di vedere e ammettere i nostri limiti e paure. Un'altro esempio: non percpiamo Dio, gli Dei, o gli Extratterrestri e quindi tendiamo a non credere che esistano. Oppure, diciamo che esistono ma nella misura e nei modi in cui riusciamo a fantasticare con la mente o a speculare con le ipotesi razionalistiche, spesso indotte da presunti dati scientifici, per lo più provenienti da fonti ateistiche.
Cosi come per la volpe anche per l'essere umano ordinario l'alterazione della Verità, fornisce sicurezza. (ateismo, riduzionismo, relativismo, evoluzionismo ecc.)
Cosi come per gli antichi Saggi anche per l'essere umano straordinario il conformarsi alla Verità, fornisce sicurezza. (teismo, filosofia sapienziale, esoterismo primordiale, religione delle origini ecc.)
Mi viene in mente un proverbio Indhu "L'uomo stolto adatta la Verità a se stesso, l'uomo saggio adatta se stesso alla Verità". Purtroppo nella nostra società avviene esattamente il contrario. Per far parte di qualsiasi contesto sociale, dobbiamo accettare la menzogna e la dissociazione cognitiva come fosse normale e giusto, fino a convincerci che le diverse forme di illusioni siano tutte verità relative accettabili, anzi fondamentali. Non a caso i nichilisti (cioè i re degli ipocriti) sono felicissimi di seguire verità relative cosi da intercambierle secondo le loro esigenze. Non a caso i sociologi Erich Fromm e Zygmunt Bauman, ma anche i poeti e drammaturgi Luigi Pirandello e Pier Paolo Pasolini identificano nella menzogna il collante di ogni società, soprattutto di quella moderna e contemporanea in cui lo stato di dissociazione cognitiva è cosi elevato e pubblicamente accettato (e indotto) che si parla di "società liquida", "essere umano alienato" e "società alienata". Una società in cui il grande sogno di ogni multinazionale diventa realtà. (la multinazionale del farmaco, dei veicoli di informazioni e di intrattenimento, delle armi, del cibo in plastica, dello smaltimento dei rifiuti ecc ecc)
Per evitare di riconoscersi come addormentata, ipnotizzata, e per evitare di percepire il dolore e lo spavento indotto dagli incubi e il dolore e la scomodità indotti dal processo di risveglio, la persona ordinaria deve auto-sedarsi e auto-ingannarsi costantemente (i più virtuosi di loro lo faranno tramite attività pacifiche e apparentemente sane come l'arte, la musica, lo sport, la lettura, ecc e i meno virtuosi invece sceglieranno metodi più aggressivi e palesemente distruttivi). Tali persone sono come i due lati della stessa medaglia, entrambi vogliono invertire e pervertire concetti, linguaggio e dati di fatto, fino a distruggere la propria memoria animica e in quanto privati di essa, la loro coscienza può dormire fino ad annichilirsi completamente. Supportata dalla secolare manipolazione socio-psicologica indotta dalle alte sfere gestite da entità demoniache, tale persona cerca invano di garantirsi comodi e gratificanti sonni e sogni, ma in questo modo non fa altro che accettarne e alimentarne gli incubi intrinseci fino a voler tendere al sonno completo, cioè al nichilismo assoluto come ultima possibilità di fuga dalla sofferenza indotta dall'isolamento psico-affettivo e dall'insoddisfazione, in pratica dal non sentirsi davvero viva, partecipe e felice. In preda alla dualità, all'assuefazione per la menzogna e per l'orrido, in poche parole all'assuefazione per la banalità del male, in cambio di una goccia di effimero piacere essi sono disposti a subire, fino a provarne gusto, atroci sofferenze e privazioni spirituali, intellettuali e fisiche, riducendosi proprio come un cammello a cui sanguina la bocca per via delle numerose spine che mastica per assimilare le sostanze nutritive reperite da foglie, frutti e radici. Un proverbio arabo dice che un cammello per nutrirsi si è abituato a soffrire 4 volte più di quanto goda nel mangiare. E' forse diverso per l'essere umano ordinario? No non lo è, infatti per entrambe le speci è una fenomeno accettato con stolta naturalezza. Tuttavia il primo è innocente, mentre il secondo persevera nel "peccato", cioè nel sonno e nel sogno, pergiunta compiacendosi di tale stato a cui da il nome di "spensieratezza" e "leggerezza", dimenticandosi come al solito del reale significato dei termini e in questo caso della funzione di questi ultimi due concetti, i quali, senza disturbare nessun testo sacro o esoterico, potrebbero essere meglio compresi semplicemente leggendo con più attenzione Carlo Collodi, Italo Calvino ed Erich Fromm.
CHI E' IL GUERRIERO SHAYAN ?
La dove gli ignoranti (coloro che ignorano) non conoscono i moti dell'anima e del mondo fenomenico, oppure i saccenti (colore che presumono di sapere) ed opportunisti vedono nel Samsara e nel Karma (legge di causa-effetto) una punizione, oppure il suo opposto, una opportunità da sfruttare e da consumare cioè di cui goedere, il Guerriero Shayan invece vede semplicemente una responsabilità e una sacralità da proteggere e venerare. Tutti noi abbiamo dunque il dovere, nei confronti di noi stessi e degli altri, di ritrovare la nostra identità perduta, la nostra memoria trascendente, con la quale possiamo finalmente riscoprire il nostro vero io e l'eterna relazione che ci unisce all'Essere Supremo. Relazione connaturata da consapevolezza, fiducia reciproca e gioia infinita.
Il Guerriero Shayan praticamente è colui che si è risvegliato dal sonno e che vuole conquistare anche il risveglio dal sogno, cioè Il famoso "sogno lucido" nel linguaggio della psicologia Tolteca o nel più abusato termine "Illuminazione" secondo le tradizioni orientali oppure "Rivelazione" nelle tradizioni semitiche.
Il Guerrierio Shayan per risvegliarsi dal sogno, dovrà affrontare sfide leggendarie per raggiungere di volta in volta nuovi livelli di trasformazione, cioè di illuminazione.
COSA PROPONGO DI FARE?
Personalmente fin da bambino mi impegno assiduamente nel non perpetuare lo stesso errore di coloro che ingenuamente o ancor peggio presuntuosamente, credono che non ci sia urgente bisogno di lottare e sacrificarsi per eleversi al di sopra degli istinti mondani e dei desideri materiali, delle regole della società materialistica e di qualsiasi altra abitudine nociva per l'anima. Non siamo tutti diabolici, ne automi (homo-sapiens oppure homo-technologicus), alcuni di noi sono ancora esseri umani e come tali sono custodi dello spirito Divino e della Sacra Legge, e quindi seppur tendiamo tutti all'errore, alla menzogna e all'illusione, possiamo imparare come fare tesoro dei nostri sbagli e perfezionarci grazie ad una costante e armoniosa disciplina (autoindagine, dialogo, studio, meditazione, catarsi, servizio ecc.) e non certo grazie alle chiacchere da salotto, nè grazie all'infantile stordimento dei sensi tramite sostanze alteranti tra cui non solo l'alcol e droghe ma anche la tv, la radio e i social network oppure alle adolescenziali e facili vie di fuga proposte dalla cultura newage (per intenderci la cultura nata con il rinascimento e che vede il suo apice diseducativo e autodistruttivo nell'ultimo secolo), cioè la cultura del "vivi e lascia vivere", la cultura del "mangia sano, balla, suona, canta, corri ma resta al tuo posto muto e rassegnato", in pratica la cultura dualistica che offre in premio una rassicurante dissociazione cognitiva e perdita progressiva della qualità umana e animica a fronte di un ruolo nel meccanismo sociale.
Possiamo fare questo prezioso lavoro su noi stessi, chiamato Shayan Mood, (un innovativo Hashtanga Yoga per l'uomo contemporaneo) solo a patto di essere abbastanza umili, sinceri ed onesti, da riconoscerci come api e mosche intrappolate in una fitta ragnatela di impulsi sensoriali (Matrix) e quindi in termini filosofici e teologici consapevoli di essere "peccatori" e come tali, di essere disperatamente bisognosi di redenzione e libertà.
Infatti etimologicamente la parola cattivo significa "Imprigionato" e la parola peccato significa "mancare il centro", " mancare lo scopo" in senso filosofico e animico, significa allontanarsi dalla Verità, dalla Realtà, da Dio, mancare lo scopo dell'esistenza". E quindi come può una persona "cattiva" cioè imprigionata, centrare il suo bersaglio? come può scoprire il suo reale scopo e quindi smettere di peccare? Capite che fino a che diamo prova di essere imprigionati dimostriamo di essere proprio noi i cattivi? Che buffo, invece la maggior parte di noi pensa di far parte dei buoni e degli onesti.
E' certo che dobbiamo prima conquistare la nostra libertà, la quale parte da un reale potere decisionale: pillola rossa o pillola blu?! Scegliere la pillola rossa in realtà significa non scegliere, quin restare cattivi-imprigionati. Come qualcuno di voi sta intuendo, la verità assoluta esiste e comincia a menifestarsi proprio tramite la pillola blu. Tramite l'unica scelta che possiamo compiere. La scelta di nascere, di venire alla luce per vedere la realtà.
"Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l'ignoranza, hanno preferito non pensarci, per credersi felici." - Blaise Pascal
Noi possiamo fare di più, possiamo rifiutare e combattere l'illusione, l'orrido e la pigrizia che fonda le sue radici sulla menzogna, in pratica combattere "la banalità del male" e impegnarci per divenire la migliore versione di noi stessi, del nostro microcosmo, del nostro multiverso, per il bene di tutti.
Possiamo tornare a splendere per illuminare il mondo di una nuova luce, una luce dimenticata, la luce del Volto di Dio (Brahman), che riflette e promana tramite noi piccoli Dei. (Jiva-atman).
Lui è il Sole e noi le lune che gli ruotano attorno come Chakra.
La luce Divina è il filo sul quale perle immacolate si legano l'una all'altra con immensa gioia. By V. Diego Albani. (vedi concetto di "fusione" in approfondimenti; F)
Benvenuti nella Deus Mirabilia, la Matrice Spirituale. Il mondo interiore di Vincenzo Diego Albani. .

Un riassunto biografico di Vincenzo Diego Albani - Chi fosse interessato può richiedere la biografia integrale.
"Con la speranza che ognuno di voi ponga fine alla sua miserabile storia per dare vita alla propria leggenda personale. Ogni storia ha un inizo e una fine, è solo un prodotto commerciale del teatro cosmico, in sostanza è solo l'istinto della specie. Invece una autentica leggenda supera i confini dello scibile e raggiunge l'eternità"
"Il falso mito non si sostituisce con tesi scientifiche ma con miti autentici" - cit
" LA LEGGENDA DI UN GUERRIERO SHAYAN "
La storia di un guerriero shayan è la stessa storia di qualsiasi altro guerriero shayan. E' una storia così straordinaria da acquisire il significato di leggenda. Un guerriero per essere tale deve vivere, crescere e lottare solo all'inferno, poichè nè in paradiso nè nel paese dei balocchi c'è bisogno di mettersi autenticamente alla prova, di superarsi e di guarirsi, in sostanza di redimersi. Il Guerriero Shayan è l'incarnazione della redenzione attiva, pratica, non teorica. E' lo stadio che precede la Santità, quella che in linguaggio Tolteco dicesi la Follia Controllata, il ritorno alla Fonte secondo la cultura Mayavadhi e Buddhista. Nessun Sciamano, Sacerdote, Mago, Saggio o Santo è tale senza essere stato prima (o parallelamente) un Guerriero Shayan. E soprattutto come direbbe Carlos Castaneda, nessun essere umano è davvero umano se non ha ancora avuto accesso al mondo dei guerrieri-sognatori. Eh si, il Guerriero Shayan è un esperto sognatore!
Quando mi hanno chiesto di rappresentare tramite una sola frase la mia vita, ho risposto cosi
"A modo mio ma sempre in cerca di Dio"
By Vincenzo Diego Albani
Un riassunto biografico di Vincenzo Diego Albani - Chi fosse interessato può richiedere la biografia integrale.
"Con la speranza che ognuno di voi ponga fine alla sua miserabile storia per dare vita alla propria leggenda personale. Ogni storia ha un inizo e una fine, è solo un prodotto commerciale del teatro cosmico, in sostanza è solo l'istinto della specie. Invece una autentica leggenda supera i confini dello scibile e raggiunge l'eternità"
"Il falso mito non si sostituisce con tesi scientifiche ma con miti autentici" - cit
LA MIA STORIA ... O FORSE LA MIA LEGGENDA " LA LEGGENDA DI UN GUERRIERO SHAYAN "
La storia di un guerriero shayan è la stessa storia di qualsiasi altro guerriero shayan. E' una storia così straordinaria da divenire leggenda. Un guerriero per essere tale deve vivere, crescere e lottare solo all'inferno, poichè nè in paradiso nè nel paese dei balocchi c'è bisogno di mettersi autenticamente alla prova, di superarsi e di guarirsi, in sostanza di redimersi. Il Guerriero Shayan è l'incarnazione della redenzione attiva, pratica, non teorica. E' lo stadio che precede la Santità, quella che in linguaggio Tolteco dicesi la Follia Controllata, il ritorno alla Fonte secondo la cultura Mayavadhi e Buddhista. Nessun Sciamano, Sacerdote, Mago, Saggio, Santo o Folle è tale senza essere stato prima (o parallelamente) un Guerriero Shayan. E soprattutto come direbbe Carlos Castaneda, nessun essere umano è davvero umano se non ha ancora avuto accesso al mondo dei guerrieri-sognatori. Eh si, il Guerriero Shayan è un esperto sognatore!
Quando mi hanno chiesto di rappresentare tramite una sola frase la mia vita, ho risposto cosi
"A modo mio ma sempre ai piedi di Loto di Dio"
By Vincenzo Diego Alban
Di seguito i soprannomi in alcuni casi titoli dispregiativi, in altri onorifici, che Diego ha ricevuto nel corso dei suoi ultimi 42 anni.
Questo elenco testimonia l'infinita varietà dei suoi aspetti, qualità, difetti fisici e caratteriali, tutte parti di una personalità così ricca di caratteristiche che sfociano in un ossimoro vivente, una personalità indecifrabile, difficilmente collocabile all'interno di schemi, un individuo che dire non sia ordinario risulterebbe riduttivo. Per conoscere davvero Diego bisognerebbe avere un autentica confidenza con la metafisica e la Trascendenza. Chi più si avvicina al mondo sovrasensibile, più si avvicina a Diego.
Questo lungo elenco, tenendo presente che in molti casi alcini soprannomi saranno ripresi da diverse persone in tempi differenti e anche lontani tra loro, sarà presentato cercando di mantenere una cronologia ascendente, , per aiutarci a comprendere in quante direzioni e modalità Diego fosse percepito dagli altri, di cui le recensioni ne sono una parziale testimonianza.
Giovanni Battista - Prete - Fotomodello - Don Diego - Cervo - Marzianetto - Alieno - Dacula con i denti a ciucula - Gengivone - Lama - Scritch - Scricciolo - Il brutto - Fiore in bocca - Didì spirituale - U stregone - Il leone - Il talebano - Business man - Il filosofo - il maestro - Il prescelto - Fuks (volpe in arabo) - El diablo - Lucifero - Il professore - Il nefasto - Giornalista - Il saggio scimpanzè - L'imperatore - Pirata - Sacerdote levantino - Sommo sacerdote -
Infanzia ( I^ inferno)
A volte l'inferno inizia già nella pancia della propria madre e per questioni che non posso spiegare pubblicamente, rischiò più volte di morire già nel ventre materno. Ma questa è un'altra storia.
In questa occasione invece condividiamo cenni biografici sulla vita di Vincenzo Diego Albani a partire dalla sua prima infanzia.
E' il 1978, anno in cui la tensione in Italia per motivi politici, religiosi e sociali era alle stelle. Sandro Perini diventa Presidente della Repubblica, dopo soli 33 giorni di pontificato muore Papa Luciani e Karol Wojtyła diventa il nuovo papa, il rapimento di Aldo Moro, gli omocidi di mafia, il terrorismo. Erano gli anni di piombo.
Diego nasce a Milano il 24 agosto tramite parto podalico al settimo mese, e fin da subito venne affidato alle Suore dell'Istituto San Vincenzo di Milano, da cui prese l'omonimo. Non conoscerà mai i suoi genitori e non assaporerà mai il caldo latte materno ne l'affetto essenziale per un neonato durante i primi giorni e mesi di vita. Nutrito fin da subito solo con latte artificiale, il quale era ancora in forma sperimentale negli 70/80, svilupperà in seguito disturbi alimentari e ellergenici, aggravati sempre di più da una tradizionale alimentazione ma per lui nociva, basata su legumi, farinacei e prodotti caseari, impostagli dalla famiglia adottiva, seppur in buona fede. Per tutta la vita riscontrerà problemi di assimilazione di sali minerali e vitamine. Disturbi che lo limiteranno molto nelle sue esperienze giovanili procurandogli sul lungo periodo gravi patologie intestinali e digestive. La sua vita sara influenzata negativamente anche da fattori placentari ed ereditari, che gli procurano un leggero ritardo cognitivo e varie piccole malformazione tra cui le più vistose, alla mandibola e ad entrambe le caviglie (ma anche problemi ai polmoni, ai reni e soprattutto alla cute, con i quali imparerà a convivere). Il suo problema alla mandibola, una volta terminata l'età dello sviluppo, gli procurerà ricorrenti crampi alla faccia e alla nuca e durante la masticazione fastidiosi tagli e lesioni sullla lingua e sulle pareti della bocca ma che poi con il passare del tempo, capiteranno anche durante il semplice parlare. Oltre al dolore fisico si aggiunge il più banale disagio psichico indotto dal problema sia estetico sia comunicativo, che i suoi amici e a volte persino i suoi parenti useranno per schernilro più o meno simpaticamente. Il problema delle caviglie, una grave forma di pronazione, invece si ripercuoterà su di lui con un maggior disagio psicologico a causa del suo intenso desiderio di sentirsi come gli altri bambini e ragazzi, e partecipare ai loro stessi giochi e sport ma che sarà impossibilitato a praticare seriamente. Amava moltissimo praticare la corsa e la king boxing, cimentandosi in qualche competizione ma non potè proseguire, cosi come non potè continuare il calcio, il basket e il tennis, sport che Diego amava immensamente e che nel suo piccolo ha praticato nella misura in cui riusciva a tollerare il dolore ai piedi (e di conseguenza a gambe e schiena) e soprattutto la mortificazione indotta dalle gravose storte e cadute ricorrenti. Anche queste storte e cadute saranno motivo di scherno da parte di amici. "Ma dove vuoi andare se non stai neanche in piedi da solo?", " ma non vedi che basta un po di vento e voli via?" gli ripetevano i compagni di scuola e più avanti anche gli amici di varie compagnie. Le sue malformazioni unitamente alla sua corporatura gracile e al suo asse squilibrato da una eccesso di coporatura longilinea, non gli permetteranno di conquistare il rispetto "fisico" che andava cercando dai suoi coetanei. Per Diego non era facile stare in piedi in euqilibrio, l'oscillazione è sempre stata una costante per lui, in tutti i sensi. Si accorgerà che i suoi amici in qualche modo avevano ragione. Ma da questa ragione non si farà mai condizionare fino in fondo, riuscendo a togliersi qualche soddisfazione, vincendo qualche competizione amatoriale, superando in qualche rara occasione persino i suoi amici maggiormente dotati. Queste furono le prime sue realizzazione del motto "volere è potere" ma anche del motto "tutto ha un limite".
Ora torniamo dalle Suore dell'Istituto di San Vincenzo.
Dopo 9 mesi di permanenza nell'istituto, viene adottato da una coppia di emigranti i quali non potevano avere figli, lui Toscano lei Siciliana, entrambi infermieri e che lottarono duramente, prima per accordarsi tra loro sulla volontà di adottare un bambino, e poi per ottenerne il permesso dal Tribunale dei minori. Cosa proibitiva in quegli anni per le coppie con bassa disponibilità economica. Angela era un donna casta, (si è concessa solo ad un uomo in tutta la sua vita e solo dopo il matrimonio) ancorata saldamente ai valori tradizionali, tra cui la famiglia e la fede cristiana, era animata da un forte spirito fideistico e religioso, seppur non era molto coinvolta dall'attività ecclesiastica. Giancarlo invece era il classico superficialone, interessato più alla sessualità che al rapporto umano e spirituale tra coniugi, attratto dallo sport del calcio, dai bar, dalla buona cucina (di cui mia madre era una eccellente cuoca) e purtroppo anche dell'alcol e del tabacco, da cui non si separò mai. Angela in seguito, più volte si pentirà di averlo scelto come suo marito e dispiaciuta di essersi lasciata abbindolare dalla sua bellezza e dalle sue adulanti parole e promesse, maledirà quel giorno in cui si è fidanzata e sposata con lui. Diego ricorda ancora i suoi racconti, di quando gli confidava che era pentita di non aver scelto "Mauro Schifano" un ometto magro e bruttino, ma che però capì in seguito, che era genuinamente innamorato di lei e pronto a proteggerla e rispettarla nel senso più autentico del termine.
Torniamo nell'Istituo San Vincenzo di MIlano dove Vincenzo ancora in fasce non muove il braccio sinistro, è sotto peso e visibilmente provato, ma la madre adottiva Angela se ne innamora subito e lo accetta senza voler vedere nessun'altro bambino, perchè in lui vede quel figlio tanto desiderato, che in uno dei suoi sogni ricorrenti dove dialogava con la sua amata Madonnina, gli venne promesso e affidato da Lei in questo modo " Angela non temere, avrai in dono un figlio biondo e ricciolo come il mio ma devi essere pronta alle grandi tribulazioni a cui andrai in contro a causa di questo bambino" Angela non aveva dubbi, era pronta a qualsiasi responsabilità pur di sentirsi madre e onorata di poter crescere quel primo bambino che il Cielo gli volle affidare. In futuro più volte, sia Diego sia le sorelle della madre, sentiranno dirle questa frase " Questo bambino mi è stato affidato dalla Madonna e farò di tutto per proteggerlo" (ahimè Angela riuscì a proteggerlo per pochi anni e non ebbe mai tempo da trascorrere con suo figlio, se non fugacemente per brevi periodi. Purtroppo di questo se ne pentirà amaramente).
Il Padre che invece provò ad ostacolare fin da subito l'intenzione della moglie di adottare un bambino, per paura di complicazioni salutistiche obietterà anche nella scelta del bambino stesso e chiederà di vederne altri dopo aver visto Vincenzo. Ma la madre si rifiuta e si impone fino ad ottenere l'adozione ufficiale. Angela darà un secondo nome a quel bambino, con il desiderio di vederlo crescere per rappresentarne il singficato intrinseco, e quindi vederlo divenire forte, colto e generoso in grado di prendersi cura dei più bisognosi, proprio come fece Don Diego Della Vega, detto Zorro, storia alla quale Angela era molto affezionata e da cui si sentiva particolarmente ispirata e con la quale educherà il suo bambino unitamente ai valori fideistici. Grazie anche al nobile insegnamento materno influenzato dall'educazione "mitologica" e "religiosa", l'orfannello manifesterà fin da subito una natura caratteriale decisamente leggendaria, proprio come avveniva nelle gloriose società del passato, fino a prima dell'avvento del rinascimento e dell'illuminsimo, quando i bambini venivano educati eticamente al "mito" e al "cielo" per favorirne un alto sviluppo psicologico e spirituale. Cosi il piccolo orfanello in seguito verrà chiamato Vincenzo negli ambienti istituzionali e Don Diego per alcuni amici e parenti.
Significato del nome Diego :
ETIMOLOGIA. Ha origine greca (didaché: istruzione). Anche per via latino-ibera: didacus: istruito. In particolare, secondo alcuni la forma latinizzata medievale Didacus ha fatto ipotizzare la derivazione dall'aggettivo greco didachtós, "colto, istruito".
SIGNIFICATO. Vuol dire "istruito". Rigorosissimo e nemico dei potenti, Diego è dotato di una generosità illimitata nei confronti dei più deboli e bisognosi.
Diego era solito definirsi "figlio del cielo", quando gli chiedevano chi fosse suo padre, lui rispondeva "il Cielo chi altro vuoi che sia?!" Quando gli chiedevano chi fossero i suoi genitori ha sempre risposto "mio padre è il cielo e mia madre è la terra".
Fancilluezza (II^ inferno)
I PRIMI LIMITI FISICI E PSICOLOGICI
Cresce i suoi primi 12 anni di vita tra Erba e Inverigo, in contesti famigliari molto diversi, da prima con entrambi i genitori in Via Lecco, dopo con la nonna materna Gina nel quartiere di Crevenna, poi alternandosi tra gli zii Stefano e Rosetta ad Arcellasco, dove frequenterà le scuole elementari e instaurerà un legame con Don Mario Galbiati da cui prenderà i primi 3 sacramenti presso l'oratorio dove insieme ad altri bambini partecipò attivamente alla nascita della famosa "Radio Maria", e con gli zii di Inverigo Camillo e Maria, dove imparerà da autodidatta l'arte della pesca e dove scoprirà gioie e dolori indotti dalle sue prime amicizie pre-adolescenziali. Strada facendo si sviluppa in un clima raramente sereno, appesantito dalle inconbenze economiche, da lutti famigliari e da repentini cambiamenti. Si ha certezza che poco dopo i primi mesi di adozione (ma non è da escludersi già da prima), il padre adottivo per colmare la sua laida lussuria che non poteva appagare con la moglie Angela, inizia una relazione extraconiugale proprio con una presunta cara amica della moglie. Contemporaneamente manifesta pesanti segni di rigetto dell'adozione e inizia cosi il secondo inferno per Diego e il primo per sua madre Angela. I suoi genitori iniziarono a litigare sempre più pesantemente. Fino a quando cominciarono i primi gravi episodi di violenza nei confronti della madre, appesantiti da un sempre più incontenibile alcolismo del padre. Angela, seppur si sente distrutta dal vedere il suo sogno famigliare sgretolarsi all'improvviso e pesantemente umiliata dal tradimento del marito e della sua "cara amica", capisce che non è una situazione che migliorerà con il tempo e che per non gravare sullo sviluppo psicologico del bambino è necessario separarsi dal marito il prima possibile. Ma Giancarlo non intende farsi da parte, non vuole prendere coscienza dei suoi errori, non accetta il fallimento e si opporrà al divorzio senza voler recidere la propria relazione con l'amante. La situazione degenera rapidamente, lo stress famigliare raggiunge presto il suo apice e chi ne paga il prezzo più alto, come al solito sono sempre i bambini. Angela grazie alla testimonianza dei referti sanitari dovuti ai numerosi ricorveri in ospedale per le botte subite dal marito, dopo i primi 3 anni passati tra violenze, denunce e tribunali, riesce finalmente ad ottenere il divorzio ma senza ottenere la perdita della patria potestà del marito sul bambino (nei primi anni 80 alcuni giudici, contrariamente a quanto avviene oggi, sorretti ancora da un retaggio malamente patriarcale, tendevano a dare ragione più agli uomini e meno alle donne, le quali dovevano giustificare e comprovare con maggiore difficoltà le loro ragioni). Nel frattempo Giancarlo sfrutterà il suo diritto di passare del tempo con il figlio adottivo solo per dare dispiacere alla ex moglie. Il suo alcolismo non diminuisce, anzi, aumenta di pari passo con la frustrazione di aver perso sua moglie ( o forse solo la sua amata cuoca e badante), e questo lo rendeva più aggressivo anche nei confronti del bambino, il quale dopo le gite con il padre, ritornava a casa sempre più traumatizzato. Angela sospetta fin da subito e ad un certo punto capisce che le sue paure sono fondate; il bambino subisce abusi fisici e psicologici durante le gite con Giancarlo. Decide di bloccare subito questa situazione, supportata dalle sorelle e con l'aiuto di specialisti cerca di capire cosa accade veramente durante questi incontri. Fortunatamente viene esclusa la violenza sessuale ma non quella psicologica e fisica testimoniata da continue bruciature sul corpo e dal terrore del bambino nei confronti dell'acqua, soprattutto di fiumi e laghi. In sostanza, Giancarlo in preda alla frustrazione e ai fumi dell'alcol, volendo vedere nel bambino la causa di tutti i suoi problemi, lo torturava spegnendogli le sigarette sul corpo e immergendolo a testa in giù nei corsi d'acqua fino a indurlo a crisi di pre-annegamento. Diego svilupperà così una forte reazione psicosomatica all'acqua, che gli procurerà per tutta la vita prurito e macchie rosse sul corpo a contatto con essa (doccia, lago, mare, piscina ecc) e fino ai 30 anni un forte disagio e impossibilità di nuotare liberamente, in quanto gli mancherà il respiro non appena proverà ad immergersi sotto la superficie. Manifsterà anche un aggravarsi del suo disturbo cognitico che si ripercuoterà sulla sua prima formazione scolastica, e un ritardo linguistico che non lo farà parlare fino a poco prima dei suoi 5 anni. Ma già a 6 anni, dopo aver iniziato da poco ad esprimersi correttamente, dovrà affrontare nuove sifde; una pesante balbuzia causata da un forte trauma dovuto allo spavento notturno durante il chiassoso e disperato shock famigliare per l'improvvisa morte per infarto dello zio Stefano poche settimane prima del Santo Natale del 1984, e solo quattro mesi dopo si aggiunse anche l'improvvisa morte della nonna Gina per un tumore quasi fulminante. Parenti con i quali era molto legato e soleva abitare per lunghi periodi in assenza della madre impegnata a lavorare giorno e notte per poter compensare le mancate entrate economiche dell'ex marito. In seguito Diego grazie alle sue avventure pre-adolescenziali, alle prime responsabilità lavorative e soprattutto grazie alle realizzazioni intellettuali e spirituali cominciate già durante la sua prima adolescenza, riuscirà a contenere sempre di più la sua balbuzia e a mitigare i suoi disturbi cognitivi e psicosomatici acquisiti durante la sua difficile gestazione e infanzia. Non sono ancora finite le sue prime prove di vita; a 7 anni durante una sagra estiva ad Inverigo, poco lontano dalla casa dei suoi zii, solo per essere salito sullo scivolo prima di un suo quasi coetaneo, incassa un calcio nei testicoli da quel bambino poco più grande di lui; sarà così ricoverato e operato d'urgenza proprio nel padiglione dell'ospedale FateBeneFratelli di Erba, in cui lavorava Giancarlo il padre adottivo, che nel frattempo aveva acquisito la reputazione di alcolizzato e inaffidabile, proprio a causa dell'aver tradito la moglie da poco sposata e dall'aver abbandonato un figlio appena adottato. Si scoprirà in seguito che l'operazione per riprestinare il testicolo sinistro di Diego, fu gestita davvero male dal chirurgo del reparto, il quale era in profondo conflitto con il padre, e quindi vedendo nel bambino il suo nemico in mignatura, lo opererà nel peggior dei modi lasciandogli un'enorme e vistosa cicatrice. Altri medici in seguito diranno "non è plausibile che per un semplice intervento chirurgico in quella zona, resti una cicatrice di quelle dimensioni e spessore. Chi ha operato il bambino, non è stato un chirurgo ma un macellaio" Dopo quel trauma Diego accuserà per tutta la vita un dolore all'inguine e al testicolo sinistro. Un dolore che lo limiterà oltre che nell'attività fisica anche nelle sue intime esperienze giovanili.
A CASA DEGLI ZII, SULLA SCIA DI PINOCCHIO
Poco dopo gli anni delle prime disgrazie che incontrò sul suo cammino, quindi verso i suoi 8/9 anni, ricorda il tentativo maldestro e ambiguo dei suoi zii, che in assenza della madre impegnata costantemente al lavoro, provarono a non fargli pesare la sua diversità di sangue, le sue origini biologiche e storiche diverse dal resto della famiglia, (diversità che evidentemente sentivano più loro che lui) e gli peseranno moltissimo le continue prediche di quando i parenti si riunivano per il pranzo domenicale a casa degli zii di Invergio. In quelle tremende giornate, Diego doveva subire prima le prediche dello zio Cammilo che seppur in buona fede, era sempre più o meno ubriaco e quindi diceva cose decisamente poco incoraggianti e molto pungenti in merito al perchè e ai per come della scelta di sua madre biologica di averlo abbandonato e alle presunte ipotetiche origini poco raccomandabili di suo padre biologico. Discorsi che sentirà in seguito anche da sua cugina Edi ma molto più intrisi di cattiveria. Contemporaneamente doveva subire le prediche di sua zia Rosetta, che soffrendo di marcati disturbi narcisistici, aveva una brutta tendenza autoritaristica e riusciva ad azzittire il cognato Camillo, (pur essendo lui molto più anziano e per giunta il padrone di casa), con la scusa che quel modo di parlare non era consono ad un pranzo pacifico (pacifico per la sua quiete personale) e alle orecchie di un bambino che avrebbe potuto rimanerne turbato (in verità quella più turbata era lei). Infatti lei stessa dimostrava la sua ipocrisia continuando a ripetere quelle affermazioni, probabilmente convinta che il suo metodo comunicativo fosse migliore, più genuino, in quanto apparentemente incorniciato da un linguaggio pacifico e cordiale. Ahimè Diego non vedeva questo quadro angelico che i suoi parenti volevano dipingere di loro stessi, e come possiamo dedurre ne aveva tutte le ragioni. Diego già dai 9 anni in poi mostrava di essere più intuitvo ed empatico degli adulti che aveva intorno. Riporto l'argomento domenicale di quegli anni, seduti a tavola con i riflettori puntati su Diego, mentre gli zii ripetevano in continuazione "noi ti abbiamo accettato come fossi uno di noi, non ci interessa da dove vieni e le scelte dei tuoi genitori che ti hanno abbandonato, per noi sei un nipote come tutti gli altri, ti vogliamo bene quasi come un figlio e per te ci saremo sempre, devi capire che noi siamo la tua famiglia". In queste parole continuamente ripetute, soprattutto da Camillo e da Rosetta, Diego notava qualcosa di strano e di oscuro. Più avanti comprenderà che erano le parole di chi voleva sentirsi buono e giusto comodamente in armonia con la propria psuedo-coscienza senza però compiere nessun reale sacrificio; parole di chi voleva convincere se stesso e non certo lui che neanche si era mai posto il problema di sentirsi abbandonato; Diego non si era mai sentito diverso prima di allora. Parole che maldestramente da li in poi, lo facero sentire come un imputato sotto esame e in debito nei loro confronti. Verso i suoi 11 anni constaterà che la sua prima amata fonte di ispirazione intelelttuale, sua zia e madrina Rosetta, non riuscì a convincere neanche se stessa, sentirà che l'affetto proveniente da lei sarà sempre più contaminato da altre paure e pregiudizi nei suoi confronti, le quali si rafforzeranno con il crescere e svilupparsi della sua precoce maturità e ribelle personalità. Diego troverà in quell'atteggiamento di Rosetta, la sua incapacità di essere intellettualmente onesta e di volergli davvero bene come una madrina si impegna a giurare durante il primo sacramento. Diego crebbe i suoi primi anni di pubertà a stretto contatto con lei, all'ombra delle sue vane promesse e poco dopo constaterà che Rosetta aveva più problemi irrisolti di quelli che voleva ammettere a se stessa e dei quali voleva dimenticarsene anzichè affrontarli. Diego riconoscerà in lei, la più evidente forma di dissociazione congitiva presente all'interno del suo ristretto nucleo famigliare. Distrubo che più avanti troverà anche in forma più lieve nel suo amato cugino Omar primo figlio di Rosetta, e in sua cugina Edi (figlia della zia Elisabetta) ma in maniera decisamente più grave e patologica. Diego ovviamente con il passare del tempo scoprirà che ogni persona soffre di uno o più disturbi psicooìogici, tra cui il narcisimo e la dissociazione cognitiva sono i più comuni ma ai quali lui farà di tutto per opporsi, per non cadere sotto la loro influenza, e inizierà più avanti grazie ai suoi studi autodidattici, un autentco e complesso lavoro di auto-educazione e introspezione. Tutta la sua vita dai suoi 12 in poi, sarà uno sforzo teso solo in quella direzione. Evitare di diventare bugiardo e ipocrita come gli adulti, e per farlo dovrà coltivare la sincerità, l'onesta intellettuale e la ricerca interiore.
Diego fù moltissimo ispirato da "Pinocchio, le avventure di un burattino" il suo primo racconto di narrativa che lesse in seconda media, e che lo accompagnerà per sempre. Nei suoi primi anni fu ispirato dalla versione in cartone animato che gli fece da guida fino a quando ne lesse il romanzo e più avanti dirà di se "non voglio fare la fine degli adulti, non voglio finire anche io nel paese dei balocchi, non voglio diventare un asinello, voglio diventare un bambino autentico"
Si accorgerà così dell'enorme saggezza che Carlo Collodi celò tra le righe di quel meraviglioso racconto e che sono proprio gli adulti a comportarsi come il famoso Lucignolo, intenti a mentire in continuazione prima a loro stessi e come conseguenza anche agli altri, in primis ai loro figli. Noterà negli adulti una sorta di incosciente accordo nel creare un grande Paese dei Balocchi, immaginando che sia un luogo dove i propri figli potranno esprimersi al meglio ed essere protetti dalle certezze delle regole. Vedrà gli adulti affermare " Io conosco" "io ho capito" "io ho perdonato" quando invcece sentiva bene il loro subconscio affermare " io ho mascherato, ho soffocato, ho dimenticato e faccio finta che il mondo sia bello e quindi non ho bisogno di oppormi a nulla, anzi più mi faccio i fatti miei e più la mia famiglia sarà serena" E cosi, si accorse che gli adulti insegnavano inconscientemente lo stesso nefasto modello educativo ai loro bambini. Il modello educativo di Lucignolo, dove basta non seguire regole o seguire regole comode/apparenti per sentirsi felici. Diego dirà no a tutto questo. E proprio per questo suo atteggiamento di estrema sincerità ed onestà intellettuale verrà accausato in varie occasioni di essere un irresponsabile.
LA ROTTURA CON SUA ZIA ROSETTA
Fra i dolori più grandi della sua infanzia Diego ricorderà nei minimi dettagli di quando superati i suoi 7 anni, la zia Rosetta iniziò a sgridarlo ripetutamente, a volte punendolo con raffiche di sberle per i motivi più sciocchi e futili. Ma grazie alla sua sincera autoindagine che perfezionerà in età adulta, comprenderà il perchè dell'atteggiamento di sua zia, e parteciperà così al suo dolore, consapevole che Rosetta ha soffocato molta rabbia nella sua vita e non volendola affrontare apertamente ha sviluppato un disturbo narcisistico con tratti di sadismo psicologico (a differenza della cugina Edi che svilupperà un disturbo narcisistico di tipo masochistico), come tentativo di protezione dal dolore subito per l'improvvisa perdita del padre (Giuseppe) quando era minorenne, dell'improvvisa perdita del marito (Stefano) poco dopo essersi sposata e rimasta sola con un bimbo appena nato (Omar), e anche della perdita della madre (Gina) da li a poco. Diego capirà che così tante disgrazie vicine l'una all'altra sono in grado di ofuscare il cuore e la mente anche della persona più forte e nobile. Ma dovrà aspettare di maturare ancora e arrivare sulla solia dei suoi 40 anni prima di imparare a perdonare in profondità Rosetta e più in generale i suoi zii per la scarsa empatia e maturità che hanno dimostrato nei suoi confronti. Dai suoi 10/11 anni in poi, sul piano educazionale perde ogni riferimento famigliare e capisce che dovrà trovare i suoi modelli di vita al di fuori del contesto parentale e purtroppo anche al di fuori del contesto scolastico dove neanche successivamente troverà rifugio nè alcuna fonte di ispirazione. E cosi, da solitario e autodidatta iniziò verso i 12/13 anni la sua indagine cosciente del mondo, partendo dalla strada, dalle piazze, dai centri sociali, dalle librerie e dalle bibblioteche.
Diego più maturerà con l'età e più si sentirà in debito nei confronti dei suoi zii ma non per ciò che ha ricevuto da loro ma per ciò che loro hanno dato a sua madre quando si ammalò. E lui era troppo giovane e incasinato per potersene occupare. Non dimenticherà mai la premura e l'affetto costante che le sue sorelle Maria e Rosetta hanno avuto nei confronti di Angela durante i suoi 5 anni di malattia, fino al suo ultimo respiro esalato nel 20 giugno del 1996. Giorno in cui ad Erba cadde la più spaventosa grandine di sempre. Molti anziani ricordano ancora oggi quella anomala giornata.
ALTRI ZII - ALTRI DOLORI
In questi frangenti di tempo c'erano anche le visite ad una zia più lontana di nome Elisabetta, con cui però non si poteva avere un autentico rapporto di vicinanza fisica e affettiva, poichè suo marito era al quanto psicopatico e creava sempre problemi, tra cui godeva nell'umiliare Diego denigrandolo di essere un orfano senza traccia dei propri genitori biologici, chiamandolo spesso; bastardo, figlio di zingari, figlio di nessuno. Affermazioni che più avanti riceverà anche dalla figlia, sua cugina Edi. Ma Diego non si sentirà mai davvero ferito dalle affermazioni di questo zio e di questa cugina, in quanto non li reputerà mai degni di reale attenzione. DIego era stranito dal fatto che in queste due persone non trovasse nessuna qualità davvero positiva. Fin ad allora aveva trovato qualcosa di buono in chiunque avesse incontrato, ma con loro non percepì mai questa sensazione. Questa zia di nome Elisabetta, era la maggiore delle 4 sorelle, Angela, Maria, Rosetta, viveva vicinissimo a Como centro e soffriva di una grave forma di diabete che la portò in ospedale praticamente sempre, obbligandola a cicli costanti di dialisi. Parliamo di oltre 30 anni di dialisi. Diego rimarrà sconvolto dal vedere questa donna, curvarsi e trasformarsi sempre di più. Ad ogni anno che passava, in ogni nuova visita di cortesia, Diego trovava questa sua povera zia sempre più martoriata dalle cure d'urto che in quegli anni non erano certo calibrate come quelle di oggi, fino a prendere le sembianze di una donna-nano-elfo, che non smetteva di stare male neanche quando era a casa. Questa situazione era aggravata, come dicevo prima, dal marito psicopatico che non mancava mai occasione per compiere su di lei violenze psicologiche e fisiche. Si, avete capito bene. Salvatore, il marito di Elisabetta, nonostante la moglie fosse sotto pesante cura farmacologica e trattamenti ospedalieri continui, spesso la picchiava e torturava psicologicamente anche davanti alla figlia impotente, la quale rischiava di essere coinvolta nel subire la stessa sorte ogni qual volta osava intrommettersi. Ricordo che questa zia era fisicamente consumata a tal punto che quando cadeva da una sedia o da un gradino, si spaccava subito una o più ossa e doveva essere ricoverata d'urgenza. Questa situazione famigliare era vissuta da Diego come un incubo aggiunto ai suoi, e si chiedeva spesso come fosse possibile ricevere e sopportare cosi tanta sofferenza fisica e psicologica e per cosi tanto tempo. Era comprensibile come Diego non era mai contento di andare a trovare questi suoi zii di Como ma nello stesso tempo, mai si rifiutò. Forse per lui era l'ennesima occasione di osservazione ed analisi? sicuramente si. La cosa che lo fece più riflettere e soffrire fu lo stato d'animo di sua cugina Edi, la loro unica figlia. Diego sentiva in lei una sofferenza addirittura più grande di quella che aveva provato lui nella sua vita fino a quel momento, una sofferenza che non trovava sfoghi e vie d'uscita alcuna, se non verso l'oscurità, una situazione psicologica che avrebbe trasformato sua cugina (di 10 anni più grande di lui) in una donna colma di complessi, di odio e di patologie non solo psicologiche ma anche neruologiche. Diego aveva intuito con un ventennio di anticipo quello che poi sarebbe successo a Edi, e soffriva molto per questa sua cugina ma non riusciva ad instaurare un rapporto con lei, in quanto la strada da lei scelta era opposta a quella che intraprese lui. Edi sceglierà "il lato oscuro della Forza", una scelta che apparentemente fortifica ma che poi consuma ogni traccia di anima e di amore e ciò che resta è solo ateismo, nichilismo intellettuale e un profondo sentimento di odio costante che porterà sua cugina ad avere i problemi sopra citati. Diego vedrà manifestarsi questi gravi problemi della cugina progressivamente, più volte e in diverse circostanze, soprattutto dopo la morte di entrambi i suoi genitori. Diego raccontava ai suoi parenti ciò che vedeva, ciò che intuiva sarebbe successo ma loro rispondevano " cosa possiamo farci noi?!" Mi raccontò che Edi, dopo la morte dei suoi genitori, perdendo fisicamente la fonte del suo dolore e disagio, fonte che la faceva sentire moralmente e mentalmente impegnata dandole un senso di utilità essendone stata assuefatta per decenni, aveva perso anche l'ultima certezza che dava argine al suo disagio psicologico ancora non manifestato completamente. Disagio che si sarebbe aggravato sempre di più con il passare del tempo, fino a indurla a nevrastenie ripetute, una grave forma di narcisimo masochistico di cui una morbosa dipendenza affettiva era il sintomo più evidente e meno grave, e un disturbo bipolare della personalità che non riuscirà più a contenere se non tramite una cura psicofarmacologica costante. Diego descrisse con parole sue, questi stati psichici della cugina, molti anni prima del loro manifestarsi, grazie al suo incredibile intuito e capacità di osservazione.
LO ZIO CAMILLO
Un'altra situazione pesante con la quale Diego doveva fare i conti era il suo rapporto con il suo amato zio Camillo, il quale pur essendo, secondo lui, il parente mentalmente e spiritualmente più sano, soffriva comunque di un grave problema; l'alcolismo. Ogni qual volta Diego si sentiva sereno in vicinanza di suo zio, succedeva qualcosa per cui lo zio iniziava ad urlare contro la moglie o peggio ancora a denigrare e sgridare lui pesantemente. Ricordo che Diego da giovanissimo mi raccontava che lo zio lo puniva pesantemente a parole solo perchè non riusciva a vedere gli uccelli tra gli alberi durante gli insegnamenti che suo zio, grande esperto di animali e piante, voleva trasmettergli. E si infuriava perchè non capiva come Diego potesse continuare a dire di non vedere i particolari che gli indicava lui; colori, forme, caratteristiche di uccelli e piante. Solo 10 anni dopo, Diego scoprirà grazie alla visita medica per la patente, di essere daltonico in una gradualità che gli impedisce di delineare correttamente forme e caratteristiche cromatiche. Ma quando lo disse a suo zio lui rispose " te le inventi tutte, sei un gran bastardo". Non solo, lo zio Camillo era solito sgridarlo o denigrarlo pesantemente anche quando Diego beveva semplice acqua, in quanto era obbligato a fare lo scalino in gola prima deglutire ogni liquido, perchè avendo una malformazione alla mandibola, non riusciva a bere diversamente e lo zio continuava a dirgli "sei peggio di una gallina". Ancora, a causa della sua malformazione alle caviglie e ad un eccesso di corporatura longilinea, quindi con un asse corporeo completamente sbilanciato, tendeva (e tenderà) nel strisciare i piedi sul suolo mentre camminava e anche qui Camillo non voleva sentire ragioni e lo ammoniva pesantemente. Credo che sia chiaro a tutti, che gli episodi più gravi di bullismo cominciano proprio all'interno delle famiglie e spesso sono proprio i bambini piccoli le vittime meno ascoltate. Diego ci metterà qualche decennio prima di riuscire a perdonare suo zio, e lo farà solo dopo aver compreso in profondità quanto fosse stata difficile anche la sua vita, da contadino cresciuto con la fame e la miseria del secondo dopo guerra, svilupattosi all'ombra di una madre nevrastenica che soffriva di una gravissima forma cronica di cefalea e di 3 fratelli maggiori da cui prese inconsciamente l'istinto a ferire gli altri, in quanto, come la maggior parte degli ultimi figli di una famiglia povera di quegli anni, toccava a loro la funzione di essere bullizzati o emarginati dalla propria famiglia. Erano anni in cui il figlio più piccolo doveva ricevere meno cibo degli altri, e spesso, troppo spesso, durante la cena nessun cibo era presente per il più piccolo in quanto non rappresentava una risorsa utile per la forza lavoro e la famiglia non poteva certo sprecare le già scarse risorse alimentari. Diego ricorda ancora oggi tutti gli episodi tristi che suo zio gli raccontava con le lacrime agli occhi, quando narrava la sua infanzia e adolescenza vissuta tra gli anni '40 e '50 del secolo scorso. Esperienze che fanno crescere in fretta e con l'amaro in bocca. Racconti che fanno crescere anche solo nell'ascoltarli.
VERSO LA FINE DELLA PUBERTA'
Ci tengo a precisare che Diego visse anche momenti davvero sereni, a volte di una felicità incontenibile.
SUA ZIA ROSETTA
Da prima a casa di sua zia Rosetta, con la quale fino a 7/8 anni leggevano la Bibbia insieme prima di addormentarsi e dalla quale si sentirà ispirato intellettualmente, arricchito dalla sue poche ma profonde poesie scritte e dai suoi interessanti commenti sulla vita. Infatti con lei avrà le prime esperienze con la poetica umanista, romantica e bibblica, che approfondirà sempre di più nel corso degli anni avvenire. Non solo, ma fu sempre grazie a Rosetta e al suo giocare a fare la "maghetta" che Diego scoprirà l'esoterismo e la cartomanzia, mostrando fin da subito, a differenza della zia, un vero talento medianico di cui Rosetta sarà da prima stupefatta e poi sempre più impaurita. Infatti non appena Diego iniziò ad acquisire in famiglia e per il vicinato, la fama di "cartomante" lei smetterà quasi completamente di avere il ruolo della "medium" di casa. Da lei riceverà anche il suo primo sopranome "Giovanni Battista" a causa della sua infinita curiosità su tematiche teologiche e filosofiche e alle relative domande alle quali nè Rosetta, nè altri parenti e vicini di casa sapevano rispondere. Domande e facolotà medianiche (o più semplicemente molto intuitive) che davano visibilmente sempre più fastidio, a lei come ad altri. Come la prima domanda scomoda che Diego poco prima dei 9 anni pose a Rosetta " abbiamo smesso di leggere la Bibbia perchè ti senti il cuore pesante vero zia Rosi? lo sai che se lo lasci chiudere poi non si apre più?" Diego non perderà mai questo atteggiamento indagatore e questo alone di misticismo che lo renderà fastidioso e invadente agli occhi di molti. Ma era visibilmente portato per comunicare con il prossimo, nel cercare il dialogo con le persone. Le sue domande da li a poco sarebbero diventate autentiche prediche, e sempre più pungenti in quanto sempre più profonde e veritiere (da qui il sopranome GiovanBattista). Prediche scomode soprattutto se provengono dalla bocca di un bambino o di un ragazzino. Diego vorrà far notare anche a sua zia e agli altri adulti che aveva intorno in quegli anni, le contraddizioni e la dicotomia insita nelle loro parole, discorsi e atteggiamenti che passavano da un "non senso" ad un "senso estremizzato", e che questo andava in contrasto con il loro volermi aiutare a crescere, ma erano impettiti da un orgoglioso sfoggio di falsa maturità e moralità e non disposti a crescere dentro, ma anzi, a "morire crescendo". Una dicotomia che ai suoi occhi si fondava su di una funest ipocrisia, in quanto gli fù palese fin da subito che gli adulti "imitano" costantemente le virtù ma non le rappresentano se non in superfice, e che predicano bene ma che poi razzolano male (seppur nel piccolo del loro potere di azione) e che questo atteggiamento equivaleva a quanto il Vangelo gli aveva insegnato a non fare. Infatti a questa ipocrisia Diego non volle mai conformarsi ne adeguarsi. Scoprì subito che gli adulti spesso dicevano cose belle e nobili ma che poi non erano mai interessati ad attuare in quanto troppo scomode e sacrificali; scoprì che gli adulti vivono in una dimensione virtuale e che incapaci di vedere o di accettare la realtà, la inventano per meglio adattarla ai propri bluff, insegnando a fare la stessa cosa ai loro figli, in modo che la pazzia (ipocrisia) possa essere trasmessa da generazione a generazione. Non comincia forse così la dissociazione cognitiva? Non sono forse queste le radici del male per ogni individuo e per ogni società? (la banalità del male).
Fu proprio in quegli anni verso la fine della sua pubertà che Diego iniziò a perdere la fiducia non solo nei confronti dei suoi parenti, ma anche nel mondo degli adulti in generale. Fiducia che verrà ulteriormente messa alla prova quando si sentirà deluso anche dal rapporto con i professori. Iniziò cosi la sua dolorosa presa di coscienza del mondo e di quanto le ingenue aspettative possano essere dolorose. Purtroppo da quando Diego compierà 8/9 anni, vedrà sgretolarsi il suo primo riferimento più importante, il suo unico rifugio e speranza; parliamo del rapporto con sua zia Rosetta che vedrà degenerare progressivamente per terminare con la fine della sua pubertà. Un rapporto nel quale egli credeva moltissimo, in quanto da lei ricevette le prime storie di saggezza ecumenica da cui si sentirà ispirato per tutta la vita. Seppur sua zia veicolava una saggezza più teorica che pratica ne era comunque ispirato. Di lei, anni dopo mi dirà "era l'unica in grado di intuire la mia personalità e grazie alla sua sensibilità e sufficiente formazione scolastica avrebbe potuto aiutarmi in alcune scelte fondamentali per la mia età, e per questo faccio fatica a perdonarle di aver rifutato di aiutarmi a capire e scegliere che studi fare dopo la scuola dell'obbligo".
Infatti, nonostante sua madre non fosse intellettualmente in grado di aiutarlo e soprattutto essendo impegnata a lottare contro il tumore che le era stato da poco diagnosticato, la zia Rosetta non volle prendersi la responsabilità di aiutarlo e per Diego fù impossibile scegliere bene una cosa così delicata, avendo solamente 12 anni. Non aveva ancora avuto il tempo di elaborare tutti i traumi subiti fino ad allora, non aveva trovato ancora nessuna risposta soddisfacente alle sue mille domande e come poteva effettuare una scelta lucida e cosi importante per il suo futuro? Mi raccontò che su incoraggiamento di tutta la famiglia e dei professori che non vedevano il lui particolari qualità intellettive o creative, era spinto a scegliere un indirizzo scolastico di tipo tecnico o alberghiero, che egli avrebbe assicurato una professione manuale subito dopo gli studi. Figuriamoci che bel consiglio per una personalità come quella di Diego, ahaha! Eletticista oppure cuoco, questi erano gli orizzonti che gli proponevano gli adulti intorno a lui.
In verità lui era attratto moltissimo da alcuni indirizzi accademici in campo artistico, umanistico e letterario, in particolare modo dal liceo artistico, quello classico e grafica pubblicitaria, ma mi disse che amava cosi tanto questi indirizzi ed era cosi tanto affascinanto dalle loro materie che non riusciva a decidersi. Tra l'altro sappiamo che i corsi e ricorsi della storia sono sempre tragicomici e Diego in età adulta finirà proprio con l'occuparsi lavorativamente, esattamente degli indirizzi che avrebbe voluto seguire dopo la terza media. Ma in quella occasione, da una parte non voleva deludere i suoi famigliari, e dall'altra era ancora insicuro di sè e non rusciva a decidere con fermezza quale indirzzo scegliere tra quelli che gli piacevano, e alla fine, sbaglio indirizzo perchè accettò i suggerimenti dei professori e cercò di assecondare le aspettative della famiglia. Così dopo poche settimane di frequentazione, spaventato dalle materie che trovò sul banco di scuola e da un ambiente di ragazzi abbastanza rozzi, votati al pragmatico e all'attività manuale, si ritirò dalla scuola di perito elettrotecnico che aveva scelto e capì amaramente di aver sbagliato tutto. Poi si sa come vanno certe cose a quell'età, quando manca la presenza stabile e competente di almeno un genitore o almeno la certezza di un clima parentale sereno, il passo nel seguire "cattive compagnie" per un ragazzino curioso è davvero breve. Quella per Diego fù la prima e più delicata opportunità di inserimento sociale e di percorso formativo; scelta che avrebbe influenzato drasticamente tutta la sua vita avvenire, e che ricorderà come il suo primo grande fallimento. Ancora oggi gli sembra di sentire le parole dette in malomodo da sua zia Rosetta quando in lei cercò aiuto: "non ho tempo per queste cose, e non voglio questa responsabilità, parlane con i tuoi professori, io ho altri problemi per la testa". Purtroppo i suoi Professori, distratti anche dal ritardo cognitivo di Diego ( il quale sarà seguito da professori di sostegno ma più burocraticamente che umanamente), erano lontani dal potere conoscere una personalità così complessa e ricca come la sua, a tal punto che in diverse occasioni durante compiti e concorsi, successe che non reputarono suoi alcuni compiti e lavori svolti, seppur premiati, credendo che fosse stato aiutato da chissà chi. Successe soprattutto al terzo ed ultimo anno di scuola quando aveva quasi 13 anni e volle partecipare a due concorsi dove era coinvolta non solo la classe ma tutta la scuola. Lui si presentò con un tema dal titolo "Campo Santo", un testo dalla profonda umanità arricchita da analisi psicologiche reputate impossibili per l'età di Diego, e un'opera artistica in merito al Natale dal titolo "Buon Malaguti". Soprattutto nel caso di quest'ultima, professori e dirigenza scolastica si riunì e si interogò in questo modo " questa è la prima opera d'arte contemporanea presentata in questa scuola da un alunno e com'è possibile che un ragazzino cosi insicuro e con ritardi cognitivi abbia realizzato questa brillante opera d'arte, quando di fatto tutti gli altri alunni hanno portato semplci opere artigianali?" Fu una cosa impossibile secondo loro che un ragazzino piccolo e problematico come Diego, fosse cosi proiettato in avanti, in grado di percepire il proprio presente e futuro su basi psicologiche e sociologiche come è tipico fare per ogni autentico artista contemporaneo. Quindi non premiarono ufficialmente Diego ma siccome non potevano non riconoscergli nessun merito ricevette un riconoscimento ufficioso dal titolo "Pop Art, opera vincitrice fuori concorso". Lui ne fu da una parte deluso e dall'altra onorato, in quanto seppur non fosse chiaro a tutti, lui fu l'unico alunno che capì e rispettò la traccia del concorso "opera artistica sul Natale" mentre tutti gli altri realizzarono semplicemente opere artigianali sul Natale.
Ed io mi chiedo, ma chi poteva aiutarlo a realizzare quei rari lavori eccezionali se i parenti non avevano neanche una cultura e una vena artistica superiore alla sua?! Sarebbe stato evidente per i professori se fossero stati più attenti, che Diego aveva un estemporaneo e geniale estro creativo e capacità analitico-intuitive fuori dal comune. Credo che per Diego, fu un grosso dispiacere non trovare nessuno, ne tra i famigliari ne tra i docenti, che riconoscesse la sua genialità e profondità precoce. Se avesse trovato un tale supporto, avrebbe sicuramente imboccato la strada giusta per i suoi studi accademici e per lo sviluppo armonico della sua ricca e controversa personalità.
Invece, a lui il fato non smise mai di riservare un cammino da guerriero, un sentiero sempre in salita e contornato da spine.
CONOSCERE I PROPRI LIMITI E LE PROPRIE POTENZIALITA'
Il suo primo fallimento, l'aver sbagliato indirizzo scolastico e il non aver avuto in seguito la saggezza di riprovare con altri studi accademici, fu per lui la prima di una lunghissima serie di sconfitte, ma da li in poi iniziò a convincersi che doveva credere prima in se stesso e solo dopo negli altri, e avrebbe maturato da li in poi la grande qualità di sapersi ascoltare profondamente e il desiderio intenso di superare i propri limiti e paure. E inizierà così la sua sfida cosciente, non più subita passivamente tramite il fato, ma forgiata nelle trame del suo destino sempre più ricco di consapevolezza. Iniziò coscientemente nel mettersi alla prova, cercando sempre "una prova del 9" per verificare se stesso e gli altri, e scoprirà che ad ogni limite superato e paura controllata, ne sorgerà una nuova. In pratica una nuova sfida dietro ogni traguardo raggiunto.
Contemporaneamente accadde qualcosa, veso i suoi 13 anni smise gradualmente di cercare di somigliare agli altri, non sentiva più il bisogno di far parte dell'ordinario e di ricevere l'approvazione della famiglia, della massa, del gruppo, e iniziò a rendersi conto di essere diverso dagli altri sotto qualsiasi punto di vista. Iniziò a capire di essere un guerriero e 4 anni dopo, due mesi prima del suo diciottesimo compleanno, raggiungerà consapevolmente lo stato del Guerriero Shayan. La sua prima illuminazione. Ma questa è una storia che approfondirò piu avanti.
SCELTE E MOMENTI DI SERENITA' " POI IL CIELO BLU "
Alcuni momenti davvero felici per Diego furono durante i suoi momenti gioiosi con suo cugino Omar, 6 anni più piccolo di lui, e con il quale si divertiva nel simulare giochi epici, nel raccontargli storie leggendarie arricchite da una stravagante ironia e teatralità, e con cui condivideva attimi di genuino e profondo affetto. Cugino che negli anni avvenire nonostante gli sforzi di Diego per coinvolgerlo ed educarlo ad una coscienza superiore, cioè non mondana, successivamente vedrà lentamente spegnersi prima nell'intelligenza esoterica, poi nell'anima. in quanto egli seguirà maggiormente le orme della sua famiglia e della società, quindi accetterà di conformarsi sempre più all'ateismo, al nichilismo e al sentimentalismo (affetto più storico che trascendente, affetto biologico più che animico), fino a non saper più distinguere l'atteggiamento dell'Essere dall'atteggiamento dell'avere; realizzazioni che invece aveva parzialmente fatto sue in alcuni frangenti di tempo, grazie alla sua profonda interazione e amicizia con suo cugino maggiore. Una relazione che fù ostacolata fin dal'infanzia da sua madre Rosetta che tentando di pressare il figlio affinchè non frequentasse Diego, non si rendette conto del dolore che procurava ai sentimenti di entrambi. Omar soffrì moltissimo per questa situazione che generava in lui un conflitto profondo. Soffrirà parecchio anche in futuro per queste disarmonie famigliari tra sua madre e suo cugino e dovrà aspettare la sua età adulta prima di sentirsi davvero libero sia dalle influenze materne sia dalla fascinazione per suo cugino; rischiando però di alimentare una dicotomia inconscia.
Rosetta era terrorizzata dalle stravaganze e da tutto ciò che era controcorrente o indecifrabile, quindi era preoccupata nel vedere come si stava sviluppando la personalità ribelle di Diego, un carattere troppo curioso, troppo indagatore, troppo strano con la sua miscela bizzarra di attitudini religiose, medianiche e letterarie ma anche affettuose, avventurose e dispettose. Rosetta sapeva benissimo che Diego non stava imitando nessuno perchè non ne aveva affatto bisogno oltre a non esserci nessuno nei paraggi di lontanamente simile a lui, sapeva bene che era autentico e spudoratamente sincero. E un bimbo cosi particolare e precoce sarebbe quasi certamente andato in contro ad avventure pericolose, potenzialmente compromettenti e di sicuro non confortanti come quelle che lei invece auspicava per il futuro di suo figlio Omar. Non se ne volle accorgere mai, ma di fatto nel tentativo di proteggere suo figlio dall'imprevidibilità e dalle incertezze, stava limitando lo svezzamento psicologico di Omar in cambio di quelle garanzie offerte dalla società per chi si conforma ad essa nel modo più sereno e accondiscendente possibile. In sostanza sulla base delle sue aspettative e paure stava circoscrivendo il destino di suo figlio in cambio di un ruolo pacifico e rispettabile per lui all'interno del meccanismo sociale. In questo suo macchiavellico e ordinario metodo educativo, lasciava anche un certo margine di libertà decisionale al figlio; verrebbe però da dire, lo stesso margine di libertà che offrono le moderne dittature socio-economiche travestite da democrazie liberali. Diego di certo non desiderava vedere il suo amato cugino omologarsi ad una educazione superficiale, meccanica e dimentica dei valori spirituali, e non smetterà mai di credere in lui e di lasciargli sempre la porta aperta, con la speranza di vederlo un giorno ritornare nelle vesti di un sincero apprendista bramoso di conquistare, ancora una volta insieme il suo vero Sè animico. Ccercherà di coinvolgerlo nell'impegno sociale, tramite corsi, seminari ed eventi d'arte atti a testimoniare e divulgare la saggezza che Diego stava scoprendo nei grandi educatori del passato, in qualità di scrittori come Carlo Collodi, Kahlil Gibran ed Erich Fromm. Ma suo cugino Omar non fu mai davvero interessato a questo modello di vita che Diego continuerà a proporgli. Omar svilupperà un individualismo egocentrico, sulla base degli insegnamenti ricevuti da sua madre e più in generale dalla società. Omar si incornicerà di una vasta cultura ma pur sempre esteriore e si disinteresseà dell'impegno sociale propostogli ripetutamente dal cugino. Ovviamente chi non sceglie un percorso introspettivo di saggezza, chi non ha la priorità di portare alla luce le proprie ombre, non sarà mai autenticamente interessato ad impegnarsi per cambiare la società, per migliorare il mondo.
Legame profondo ma anche conflittuale quello tra Omar e DIego, di cui parleremo meglio nei capitoli successivi, ora torniamo a quelle stupende notti d'estate che Diego amava contemplare in campagna e sotto le quali aveva il coraggio di amare, cantare, piangere e sbagliare.
La spensieratezza e la serenità più duratura per Diego la sperimentava durante le solite vacanze estive dagli zii di Inverigo (durate fino al suo tredicesimo compleanno), che trascorreva nella camapgna brianzola circondato dagli animali dello zio, in compagnia del suo fedele cagnolino Charlie un simpatico meticcio di colore bianco, in sella alla sua mountain bike o a piedi con le sue inseparabili canne da pesca alla ricerca di fiumi, stagni e laghi dove mettersi alla prova, immerso nella natura tra prati sterminati e fitti boschi, dove era solito avventurarsi e perdersi per poi rientrare a casa e trovare un senso di protezione grazie alla presenza fisica e affettiva degli zii che non avendo figli riversavano il loro affetto sui nipoti, tra cui Diego. Affetto arricchito dalle gite cittadine con sua zia Maria, una bravissima sarta e cuoca di cui non dimenticherà mai gli eccezionali sapori culinari e le ricche colazioni mattutine, ma soprattutto si sentirà scuotere ed elevare dalle gite rurali con suo zio e dai suoi nobili insegnamenti, seppur spesso bruschi. Da lui imparerà le prime virtù e i primi vizi. Il rituale del gesto sacro in ogni azione, quello della Messa della domenica e in tutte le feste cristiane, l'importanza della confessione (soprattutto interiore), l'importanza di acculturarsi non solo dalle fonti ufficiali, lo studio e l'amore per la natura, il fondamento della veridicità (di cui come Pinocchio, ricorda le amarissime e istruttive lezioni) i primi tiri di schioppo con il fucile, il primo bicchiere di vino, la prima sigaretta e il gioco delle carte di cui diverrà un maestro, i primi discorsi sulla morte, sulle donne e sul sesso. Camillo, il suo amatissimo zio era muratore, contadino, allevatore e cacciatore, capace però di appassionarsi ad argomenti quali l'opera lirica, l'arte, la storia, la Bibbia; persona di profonda umanità e con un insolito spirito fanciullesco e religioso, a tal punto da abbandonare la caccia appena si rese conto che non era più una necessità per sopravvivere ma solo un inutile e disonorevole passatempo. Diego scoprì che suo zio era la persona più profonda, equilibrata e coerente di tutta la famiglia, il suo primo esempio stabile e per questo lo porterà per sempre nel centro del suo cuore e delle sue memorie. Ricorderà quelle "13" estati in campagna come i momenti più educativi, avventurosi e felici della sua fanciullezza. E suo zio Camillo come il suo primo maestro di vita.
Eppure c'è una cosa che toccò il cuore di Diego ancora più in profondità di quanto raccontato fino a questo momento. Ed era il cielo. Quel fantastico cielo azzurro pastello di giorno, blu colbalto la sera e nero stellato la notte. Sembrava di poter toccare le stelle. Un atmosfera che lasciava Diego senza fiato, stupito e supino, estasiato da quelle circostanze misticheggianti. Gli anni '80 erano figli di quel cielo. Non c'erano ancora tutte le luci e smog che troviamo oggi nelle campagne dove era scresciuto lui. L'aria era ancora pulita, e il cielo sembrava voler dialogare ancora con gli uomini mentre la luna ne faceva ancora da regina. Diego mi raccontò che ogni insegnamento che gli giungeva dal mondo della natura, qualsiasi bontà sentiva provenire dalle radici dell'esistenza, la ritrovava in quello splendido cielo. La brezza estiva dopo il tramonto e il suono della sera profonda, sapevano condensare in lui le Verità più esoteriche, i segreti più romantici e ricchi di dolcezza che la vita possa mai donare ad un fanciullo in cerca della Verità. Diego mi parlerà per sempre di quell'immenso, di quei magici pomeriggi in cui gli pareva di danzare su distese di verde infinto, e di quelle magiche sere stellate come di un tesoro inestimabile nascosto alla vista di coloro che hanno scelto di non aver tempo per contemplare la vita.
Proprio lì in campagna ad inverigo, rapito da quel profumo atavico in grado di ricordare a tutti noi che siamo angeli caduti e dimentichi delle nostre vere origini.
Il profumo di una sera d'estate, sotto il Cielo di una notte Guerriera, di quando un fanciullo stava crescendo sotto lo sguardo vigile del suo Angelo Custode Yecabel da cui imparerà il coraggio per comunicare al Mondo Inferiore le regole del Mondo Superiore, perchè come lui aveva già intuito, solo in questo modo è possibile crescere e amare.
1^ Adolescenza - Pubertà (III^ inferno)
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2^ Adolescenza - Pubertà (IV^ inferno)
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Giovinezza Adulta (IV inferno)
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